DOCUMENTI SUI FAMIGLIARI DI GESU' GENITORI E PARENTI

martedì 6 gennaio 2009

LA SANTA EPIFANIA DEL SIGNORE



LA SANTA EPIFANIA DEL SIGNORE


D'origine orientale di questa solennità è nel suo stesso nome: "epifania", cioè rivelazione, manifestazione; i latini usavano la denominazione "festivitas declarationis" o "apparitio", col prevalente significato di rivelazione della divinità di Cristo al mondo pagano attraverso l'adorazione dei magi, ai Giudei col battesimo nelle acque del Giordano e ai discepoli col miracolo alle nozze di Cana. L'episodio dei magi, al di là di ogni possibile ricostruzione storica, possiamo considerarlo, come hanno fatto i Padri della Chiesa, il simbolo e la manifestazione della chiamata alla salvezza dei popoli pagani: i magi furono l'esplicita dichiarazione che il vangelo era da predicare a tutte le genti.
Per la Chiesa orientale ha grande rilievo il battesimo di Cristo, la "festa delle luci", come dice S. Gregorio Nazianzeno, anche come contrapposizione ad una festa pagana del "sol invictus". In realtà, sia in Oriente come in Occidente l'Epifania ha assunto il carattere di una solennità ideologica, trascendente singoli episodi storici: si celebra la manifestazione di Dio agli uomini nel suo Figlio, cioè la prima fase della redenzione. Cristo si manifesta ai pagani, ai Giudei, agli apostoli: tre momenti successivi della relazione tra Dio e l'uomo.
Al pagano è attraverso il mondo visibile che Dio parla: lo splendore del sole, l'armonia degli astri, la luce delle stelle nel firmamento sconfinato (nel cielo i magi hanno scoperto il segno divino) sono portatori di una certa presenza di Dio.
Partendo dalla natura, i pagani possono "compiere le opere della legge", poiché, come diceva S. Paolo agli abitanti di Listri, il "Dio vivente che ha fatto il cielo, la terra, il mare e tutte le cose che in essi si trovano... nelle generazioni passate ha lasciato che ogni popolo seguisse la sua strada; ma non ha cessato di dar prova di sé beneficando, concedendovi dal cielo piogge e stagioni ricche di frutti, fornendovi di cibo e riempiendo di letizia i vostri cuori" (At 14,15-17). Ora "in questi giorni, (Dio) ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha costituito erede di tutte le cose e per mezzo del quale ha fatto anche il mondo " (Eb 1,2). I molti mediatori della manifestazione della divinità trovano il loro termine nella persona di Gesù di Nazaret, nel quale risplende la gloria di Dio. Perciò noi possiamo oggi esprimere "l'umile, trepidante, ma piena e gaudiosa professione della nostra fede, della nostra speranza, del nostro amore" (Paolo VI).


Autore: Piero Bargellini



http://www.santiebeati.it/dettaglio/20150

LA VISITA DEI RE MAGI



LA VISITA DEI RE MAGI


VANGELO SECONDO SAN MATTEO: 2, 1-12

2,1Gesù nacque a Betlemme, una città nella regione della Giudea, al tempo del re Erode. Dopo la sua nascita, arrivarono a Gerusalemme alcuni uomini sapienti che venivano dall'oriente 2e domandarono: "Dove si trova quel bambino, nato da poco, il re dei Giudei? In oriente abbiamo visto apparire la sua stella e siamo venuti qui per onorarlo".
3Queste parole misero in agitazione tutti gli abitanti di Gerusalemme, e specialmente il re Erode. Egli, appena lo seppe, 4radunò tutti i capi dei sacerdoti e i maestri della Legge e domandò loro:
- In quale luogo deve nascere il Messia?
5Essi risposero:
- A Betlemme, nella regione della Giudea, perché il profeta ha scritto:
6Tu Betlemme, del paese di Giudea,
non sei certo la meno importante tra le città della Giudea,
perché da te uscirà un capo
che guiderà il mio popolo, Israele.
7Allora il re Erode chiamò in segreto quei sapienti e si fece dire con esattezza quando era apparsa la stella. 8Poi li mandò a Betlemme dicendo: "Andate e cercate con ogni cura il bambino. Quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, così anch'io andrò a onorarlo".
9- 10Ricevute queste istruzioni da parte del re, essi partirono. In viaggio, apparve ancora a quei sapienti la stella che avevano visto in oriente, ed essi furono pieni di grande gioia. La stella si muoveva davanti a loro fino a quando non arrivò sopra la casa dove si trovava il bambino. Là si fermò.
11Essi entrarono in quella casa e videro il bambino e sua madre, Maria. Si inginocchiarono e lo adorarono. Poi aprirono i bagagli e gli offrirono regali: oro, incenso e mirra.
12Più tardi, in sogno, Dio li avvertì di non tornare dal re Erode. Essi presero allora un'altra strada e ritornarono al loro paese.

Citazioni Bibbia Tilc

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SANTISSIMO NOME DI GESU'


3 Gennaio


SANTISSIMO NOME DI GESU'

Il significato e la proprietà del nome
Anzitutto i nomi hanno un loro significato intrinseco, come appare dai nomi teofori (evocatori della divinità) e da quelli di alcuni eroi, che sono il simbolo della missione adempiuta da costoro nella storia.
In secondo luogo, il nome ha un contenuto dinamico; rappresenta e in qualche modo racchiude in sé una forza. Esso designa l’intima natura di un essere, poiché contiene una presenza attiva di quell’essere.
Platone diceva che “Chiunque sa il nome, sa anche le cose”; conoscerlo vuol dire conoscere la ‘cosa’ in se stessa. Il nome “occupa” uno spazio, ha la “proprietà” della cosa e la spiega.
Il nome di nascita indica in primo luogo, l’”essenza” di una persona, le sue prerogative, le qualità e i difetti; pronunciandolo si è come in presenza di colui che si nomina, si dà ad esso una precisa dimensione.
Così come fra i ‘primitivi’ che cercavano di conoscere il nome al fine di esercitare un potere su una persona o su qualsiasi cosa vivente, il nome è ancora indispensabile nel praticare un incantesimo; infatti i cosiddetti ‘maghi’ vogliono conoscerlo, per inciderlo su amuleti e talismani, accanto a quello delle Entità Invisibili.

Il nome nelle società antiche
Nell’antica Grecia i nomi provenivano da due categorie: 1) nomi di un dio o derivati da quello portato dalla divinità (Apollodoro, Apollonio, Eròdoto, Isidoro, Demetrio, Teodoro, ecc.); 2) nomi scelti come augurio per la futura vita del bambino, seguiti da quello della località di residenza o provenienza.
I Romani imponevano ai neonati tre nomi: Il prenome scelto fra i diciotto più usati, che si abbreviava con la lettera iniziale, es. P = Publius (Publio), C = Caius (Caio), ecc. Il nome indicava la gens di appartenenza, es. Julius (della gens Julia). Il cognome indicante la famiglia, quando la gens d’origine si divideva in molte famiglie.
Nei nomi di origine ebraica, particolarmente quelli maschili, si nota quasi sempre una invocazione a Dio, l’eterno creatore, dal quale il popolo ebraico trasse sempre forza nella sua travagliata esistenza.

Il nome nella mentalità semitica
Per i semiti i nomi propri avevano un significato intrinseco; questo era indicato dalla loro stessa composizione, dalla etimologia od era evocato dalla pronuncia.
Nel costume popolare, due usanze sembrano comunemente diffuse; in primo luogo l’imposizione di nomi teofori, con cui si voleva porre il bambino sotto la protezione della divinità, oppure si intendeva ringraziare e pregare la divinità per il lieto evento (es. Isaia = Iahvé salva; Giosuè = Iahvé è salvezza, ecc.).
In secondo luogo, l’attribuzione di nomi che esprimono qualche circostanza o particolarità della nascita dei bambini, es. (Gen. 35, 16-18) “… Rachele, sul punto in cui le sfuggiva l’anima, perché stava morendo a causa del penoso parto, chiamò il figlio appena nato, col nome di Ben-Oni (figlio del mio dolore)…”.
Così pure, per gli ebrei c’era la tendenza a fare del nome, il simbolo del significato religioso o politico degli eroi nazionali e religiosi; così interpretato, il nome era in un rapporto molto più significativo con la persona che caratterizzava; Eva è “la madre di tutti i viventi”, Abramo è “il padre di una moltitudine”, Giacobbe è “colui che soppianta”, ecc.
Nella concezione semitica, il nome ha anche un aspetto dinamico, che corrisponde alla forza, alla potenza che il nome rappresenta e in qualche modo include; dove c’è il nome c’è la persona, con la sua forza, pronta a manifestarsi.
Conoscere qualcuno per nome, vuol dire conoscerlo fino in fondo e poter disporre della sua potenza. Questo concetto svolge un ruolo importante applicato agli esseri superiori, che non sono conoscibili normalmente da parte dell’uomo; la sola conoscenza che si può avere di essi è quella del loro nome.
Il nome del dio nasconde la sua presenza misteriosa e rappresenta il mezzo più accessibile di comunicazione tra l’uomo e lui. Quindi nella sfera del ‘mistero’ sia esso magico che religioso, chi conosce il nome del dio e lo pronunzia, ha la forza di farsi ascoltare da lui e di farlo intervenire a suo favore.
Infine nella Tradizione semitica c’è inoltre il concetto, che chi impone a qualcuno il nome che deve portare o gli cambia il nome che possiede, esprime il potere assoluto, la sovranità, che detiene su quello (Ge. 2), così come Adamo impose i nomi a tutto il bestiame di cui poteva usufruire.
Anche il Dio degli Ebrei esprime il suo dominio assoluto, imponendo e mutando i nomi di Abram in Abraham e Sarai in Sara (Ge. 17, 5-15) e di Giacobbe in Israel (Ge. 32, 29), acquistando così tali nomi nuovi significati.

Il nome di Dio nella Bibbia
L’esigenza di sapere il nome della divinità in cui si crede, è stato sempre intrinseco nell’animo umano, perché il nome stesso è garanzia della sua esistenza; a tal proposito si riporta un passo dell’opera di Francesco Albergamo “Mito e Magia” che scrive: “Una bambina di nove anni chiede al padre se Dio esiste; il padre risponde che non ne è troppo sicuro, al che la piccola osserva: Bisogna pure che esista, dal momento che ha un nome”.
Quindi quando Mosè (Es. 3) viene chiamato da Dio alla sua missione fra il popolo ebraico, logicamente gli chiede il suo Nome da poter comunicare al popolo, che senz’altro gli chiederà “Chi ti ha riconosciuto principe su di noi?”. E il Dio di Israele, conosciuto inizialmente come il “Dio degli antenati”, il “Dio di Abramo di Isacco di Giacobbe”, oppure con espressioni particolari: “El Shaddai”, “Terrore di Isacco”, “Forte di Giacobbe”, rivela il suo nome “Iahvé”, che significa “Egli è”; e questo Nome entrò così a far parte della vita religiosa degli israeliti, e mediante gli interventi sovrani nella storia, il nome di Iahvé divenne famoso e noto.
I profeti ed i sommi sacerdoti, lungo tutta la storia d’Israele, posero al centro della liturgia il nome di Iahvé, con la professione di fede del profeta, l’invocazione solenne di Dio, la fede e la glorificazione di tutto il popolo (Commemorazione, invocazione, glorificazione del suo Nome).
Nel tardo giudaismo però, per il bisogno di sottolineare la trascendenza divina, il nome di Iahvé non è stato più pronunciato e Dio è stato designato col termine Nome e con altri appellativi, come Padre a sottolineare lo speciale rapporto che lega Dio e il suo popolo.

Il nome del Padre
Ma solo nel Nuovo Testamento, sulla bocca di Gesù e dei credenti, il nome di Padre attribuito a Dio, assume il suo vero significato.
Solo Gesù, infatti conosce il Padre e può efficacemente rivelarlo (Mt.11, 27-28). Gesù si è riferito spesso a Dio chiamandolo Padre, nel Vangelo di s. Giovanni, Padre viene usato addirittura come sinonimo di Dio e secondo l’evangelista questa è la sua vera definizione, questo è il nome che esprime più profondamente l’essere divino. Tale nome è stato manifestato agli uomini da Gesù, ed essi ora sanno che, se credono, sono figli insieme a lui.
Inoltre Gesù ha anche insegnato a pregare Dio con questo titolo “Padre nostro…” e questa è diventata la preghiera per eccellenza della comunità cristiana.
Gesù aveva chiesto al Padre di glorificare il suo nome (Giov. 12, 28) e aveva invitato i discepoli a pregare così: “Sia santificato il tuo nome”; Dio ha risposto a queste preghiere, manifestando la potenza del suo nome e glorificando il proprio figlio.
Ai credenti è affidato il compito di prolungare questa azione di glorificazione; essi lodano, testimoniano il nome di Dio e devono comportarsi in modo che il nome divino non riceva biasimo e bestemmie (Rom. 2, 24).

Il nome del Signore Gesù
Il Messia ha portato durante la sua vita terrena il nome di Gesù, nome che gli fu imposto da san Giuseppe dopo che l’angelo di Dio in sogno gli disse: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché ciò che in lei è stato concepito è opera dello Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati” (Mt.1, 21-25).
Quindi il significato del nome Gesù è quello di salvatore; gli evangelisti, gli Atti degli Apostoli, le lettere apostoliche, citano moltissimo il significato e la potenza del Nome di Gesù, fermandosi spesso al solo termine di “Nome” come nell’Antico Testamento si indicava Dio.
Nel corso della vita pubblica di Gesù, i suoi discepoli, appellandosi al suo nome, guariscono i malati, cacciano i demoni e compiono ogni sorta di prodigi:
Luca, 10, 17, “E i settantadue tornarono pieni di gioia dicendo: Signore, anche i demoni si sottomettono a noi nel tuo nome”; Matteo 7, 22, “… Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome e cacciato demoni nel tuo nome e compiuto molti prodigi nel tuo nome?”.
Atti 4, 12, “…Non vi è altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale possiamo avere la salvezza”.
Risuscitando Gesù e facendolo sedere alla sua destra, Dio “gli ha donato il nome che è sopra di ogni nome” (Ef. 1, 20-21); si tratta di un “nome nuovo” (Ap. 3, 12) che è costantemente unito a quello di Dio.
Questo nome trova la sua espressione nell’appellativo di Signore, che conviene a Gesù risorto, come allo stesso Dio Padre (Fil. 2, 10-11). Infatti i cristiani non hanno avuto difficoltà ad attribuire a Gesù, gli appellativi più caratteristici che nel giudaismo erano attribuiti a Dio.
Atti 5, 41: “Ma essi (gli apostoli) se ne partirono dalla presenza del Sinedrio, lieti di essere stati condannati all’oltraggio a motivo del Nome”.
La fede cristiana consiste nel professare con la bocca e credere nel cuore “che Gesù è il Signore, e che Dio lo ha ridestato dai morti” e nell’invocare il nome del Signore per conseguire la salvezza (Rom. 10, 9-13).
I primi cristiani, appunto, sono coloro che riconoscono Gesù come Signore e si designano come coloro che invocano il suo nome, esso avrà sempre un ruolo preminente nella loro vita: nel nome di Gesù i cristiani si riuniranno, accoglieranno chiunque si presenti nel suo nome, renderanno grazie a Dio in quel nome, si comporteranno in modo che tale nome sia glorificato, saranno disposti anche a soffrire per il nome del Signore.
L’espressione somma della presenza del Nome del Signore e dell’intera SS. Trinità nella vita cristiana, si ha nel segno della croce, che introduce ogni preghiera, devozione, celebrazione; e conclude le benedizioni e l’amministrazione dei sacramenti: “Nel Nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”.
Il culto liturgico del Nome di Gesù
Il SS. Nome di Gesù, fu sempre onorato e venerato nella Chiesa fin dai primi tempi, ma solo nel XIV secolo cominciò ad avere culto liturgico.
Grande predicatore e propagatore del culto al Nome di Gesù, fu il francescano san Bernardino da Siena (1380-1444) e continuato da altri confratelli, soprattutto dai beati Alberto da Sarteano (1385-1450) e Bernardino da Feltre (1439-1494).
Nel 1530, papa Clemente VII autorizzò l’Ordine Francescano a recitare l’Ufficio del Santissimo Nome di Gesù; e la celebrazione ormai presente in varie località, fu estesa a tutta la Chiesa da papa Innocenzo XIII nel 1721.
Il giorno di celebrazione variò tra le prime domeniche di gennaio, per attestarsi al 2 gennaio fino agli anni Settanta del Novecento, quando fu soppressa.
Papa Giovanni Paolo II ha ripristinato al 3 gennaio la memoria facoltativa nel Calendario Romano.

Il trigramma di san Bernardino da Siena
Affinché la sua predicazione non fosse dimenticata facilmente, Bernardino con profondo intuito psicologico inventò un simbolo dai colori vivaci che veniva posto in tutti i locali pubblici e privati, sostituendo blasoni e stemmi delle varie Famiglie e Corporazioni spesso in lotta fra loro.
Il trigramma del nome di Gesù, divenne un emblema celebre e diffuso in ogni luogo, sulla facciata del Palazzo Pubblico di Siena campeggia enorme e solenne, opera dell’orafo senese Tuccio di Sano e di suo figlio Pietro, ma lo si ritrova in ogni posto dove Bernardino e i suoi discepoli abbiano predicato o soggiornato.
Qualche volta il trigramma figurava sugli stendardi che precedevano Bernardino, quando arrivava in una nuova città a predicare e sulle tavolette di legno che il santo francescano poggiava sull’altare, dove celebrava la Messa prima dell’attesa omelia, e con la tavoletta al termine benediceva i fedeli.
Il trigramma fu disegnato da Bernardino stesso, per questo è considerato patrono dei pubblicitari; il simbolo consiste in un sole raggiante in campo azzurro, sopra vi sono le lettere IHS che sono le prime tre del nome Gesù in greco ΙΗΣΟΥΣ (Iesûs), ma si sono date anche altre spiegazioni, come l’abbreviazione di “In Hoc Signo (vinces)” il motto costantiniano, oppure di “Iesus Hominum Salvator”.
Ad ogni elemento del simbolo, Bernardino applicò un significato, il sole centrale è chiara allusione a Cristo che dà la vita come fa il sole, e suggerisce l’idea dell’irradiarsi della Carità.
Il calore del sole è diffuso dai raggi, ed ecco allora i dodici raggi serpeggianti come i dodici Apostoli e poi da otto raggi diretti che rappresentano le beatitudini, la fascia che circonda il sole rappresenta la felicità dei beati che non ha termine, il celeste dello sfondo è simbolo della fede, l’oro dell’amore.
Bernardino allungò anche l’asta sinistra dell’H, tagliandola in alto per farne una croce, in alcuni casi la croce è poggiata sulla linea mediana dell’H.
Il significato mistico dei raggi serpeggianti era espresso in una litania; 1° rifugio dei penitenti; 2° vessillo dei combattenti; 3° rimedio degli infermi; 4° conforto dei sofferenti; 5° onore dei credenti; 6° gioia dei predicanti; 7° merito degli operanti; 8° aiuto dei deficienti; 9° sospiro dei meditanti; 10° suffragio degli oranti; 11° gusto dei contemplanti; 12° gloria dei trionfanti.
Tutto il simbolo è circondato da una cerchia esterna con le parole in latino tratte dalla Lettera ai Filippesi di san Paolo: “Nel Nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi, sia degli esseri celesti, che dei terrestri e degli inferi”. Il trigramma bernardiniano ebbe un gran successo, diffondendosi in tutta Europa, anche s. Giovanna d’Arco volle ricamarlo sul suo stendardo e più tardi fu adottato anche dai Gesuiti.
Diceva s. Bernardino: “Questa è mia intenzione, di rinnovare e chiarificare il nome di Gesù, come fu nella primitiva Chiesa”, spiegando che, mentre la croce evocava la Passione di Cristo, il suo Nome rammentava ogni aspetto della sua vita, la povertà del presepio, la modesta bottega di falegname, la penitenza nel deserto, i miracoli della carità divina, la sofferenza sul Calvario, il trionfo della Resurrezione e dell’Ascensione.
In effetti Bernardino ribadiva la devozione già presente in san Paolo e durante il Medioevo in alcuni Dottori della Chiesa e in s. Francesco d’Assisi, inoltre tale devozione era praticata in tutto il Senese, pochi decenni prima dai Gesuati, congregazione religiosa fondata nel 1360 dal senese beato Giovanni Colombini, dedita all’assistenza degli infermi e così detti per il loro ripetere frequente del nome di Gesù.

La Compagnia di Gesù, prese poi queste tre lettere come suo emblema e diventò sostenitrice del culto e della dottrina, dedicando al Ss. Nome di Gesù le sue più belle e grandi chiese, edificate in tutto il mondo.
Fra tutte si ricorda, la “Chiesa del Gesù” a Roma, la maggiore e più insigne chiesa dei Gesuiti; vi è nella volta il “Trionfo del Nome di Gesù”, affresco del 1679, opera del genovese Giovanni Battista Gaulli detto ‘il Baciccia’; dove centinaia di figure si muovono in uno spazio chiaro con veloce impeto, attratte dal centrale Nome di Gesù.


Autore: Antonio Borrelli



http://www.santiebeati.it/dettaglio/25625

SANTA FAMIGLIA DI GESU'




28 Dicembre

SANTA FAMIGLIA DI GESÙ

MARIA E GIUSEPPE

(Festa)



La festa della Sacra Famiglia nella liturgia cattolica, nel secolo XVII veniva celebrata localmente; papa Leone XIII nel 1895, la fissò alla terza domenica dopo l’Epifania “omnibus potentibus”, ma fu papa Benedetto XV che nel 1921 la estese a tutta la Chiesa, fissandola alla domenica compresa nell’ottava dell’Epifania; papa Giovanni XXIII la spostò alla prima domenica dopo l’Epifania; attualmente è celebrata nella domenica dopo il Santo Natale.

La celebrazione fu istituita per dare un esempio e un impulso all’istituzione della famiglia, cardine del vivere sociale e cristiano, prendendo a riferimento i tre personaggi che la componevano, figure eccezionali sì ma con tutte le caratteristiche di ogni essere umano e con le problematiche di ogni famiglia.

Numerose Congregazioni religiose sia maschili che femminili, sono intitolate alla Sacra Famiglia, in buona parte fondate nei secoli XIX e XX; come: le “Suore della Sacra Famiglia”, fondate a Bordeaux nel 1820 dall’abate P.B.Noailles, dette anche ‘Suore di Loreto’; le “Suore della Sacra Famiglia di Nazareth” fondate nel 1875 a Roma, dalla polacca Siedliska; le “Piccole Suore della Sacra Famiglia” fondate nel 1892, dal beato Nascimbeni a Castelletto di Brenzone (Verona); i “Preti e fratelli della Sacra Famiglia” fondati nel 1856 a Martinengo, dalla beata Paola Elisabetta Cerioli; i “Figli della Sacra Famiglia” fondati nel 1864 in Spagna da José Mananet e tante altre.



Benedetto XVI : Angelus - Piazza San Pietro - Domenica, 31 dicembre 2006



Cari fratelli e sorelle!



In quest’ultima domenica dell’anno celebriamo la festa della Santa Famiglia di Nazaret. Con gioia rivolgo un saluto a tutte le famiglie del mondo, augurando loro la pace e l’amore che Gesù ci ha donato, venendo tra noi nel Natale. Nel Vangelo non troviamo discorsi sulla famiglia, ma un avvenimento che vale più di ogni parola: Dio ha voluto nascere e crescere in una famiglia umana. In questo modo l’ha consacrata come prima e ordinaria via del suo incontro con l’umanità. Nella vita trascorsa a Nazaret, Gesù ha onorato la Vergine Maria e il giusto Giuseppe, rimanendo sottomesso alla loro autorità per tutto il tempo della sua infanzia e adolescenza (cfr Lc 2,51-52). In tal modo ha messo in luce il valore primario della famiglia nell’educazione della persona. Da Maria e Giuseppe Gesù è stato introdotto nella comunità religiosa, frequentando la sinagoga di Nazaret. Con loro ha imparato a fare il pellegrinaggio a Gerusalemme. Quando ebbe dodici anni, rimase nel Tempio, e i suoi genitori impiegarono ben tre giorni per ritrovarlo. Con quel gesto fece loro comprendere che egli si doveva “occupare delle cose del Padre suo”, cioè della missione affidatagli da Dio (cfr Lc 2,41-52).

Questo episodio evangelico rivela la più autentica e profonda vocazione della famiglia: quella cioè di accompagnare ogni suo componente nel cammino di scoperta di Dio e del disegno che Egli ha predisposto nei suoi riguardi. Maria e Giuseppe hanno educato Gesù prima di tutto con il loro esempio: nei suoi Genitori, Egli ha conosciuto tutta la bellezza della fede, dell’amore per Dio e per la sua Legge, come pure le esigenze della giustizia, che trova pieno compimento nell’amore (cfr Rm 13,10). Da loro ha imparato che in primo luogo occorre fare la volontà di Dio, e che il legame spirituale vale più di quello del sangue. La santa Famiglia di Nazaret è veramente il “prototipo” di ogni famiglia cristiana che, unita nel Sacramento del matrimonio e nutrita dalla Parola e dall’Eucaristia, è chiamata a realizzare la stupenda vocazione e missione di essere cellula viva non solo della società, ma della Chiesa, segno e strumento di unità per tutto il genere umano.

Invochiamo ora insieme la protezione di Maria Santissima e di san Giuseppe per ogni famiglia, specialmente per quelle in difficoltà. Le sostengano perchè sappiano resistere alle spinte disgregatrici di una certa cultura contemporanea, che mina le basi stesse dell’istituto familiare. Aiutino le famiglie cristiane ad essere, in ogni parte del mondo, immagine viva dell’amore di Dio.



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Preghiera alla Santa Famiglia dettata da Papa Giovanni Paolo II:



“O Santa Famiglia di Nazareth, comunità d’amore di Gesù, Maria e Giuseppe

modello e ideale di ogni famiglia cristiana, a te affidiamo le nostre famiglie.

Apri il cuore di ogni focolare domestico alla fede, all’accoglienza della Parola di Dio,

alla testimonianza cristiana, perché diventi sorgente di nuove e sante vocazioni.

Disponi le menti dei genitori, affinché con carità sollecita, cura sapiente e pietà amorevole, siano per i figli guide sicure verso i beni spirituali ed eterni.

Suscita nell’animo dei giovani una coscienza retta ed una volontà libera,

perché crescendo in sapienza, età e grazia,

accolgano generosamente il dono della vocazione divina.

Santa Famiglia di Nazareth, fa’ che tutti, contemplando ed imitando la preghiera assidua, l’obbedienza generosa, la povertà dignitosa e la purezza verginale vissuta in te,

ci disponiamo a compiere la volontà di Dio e ad accompagnare con previdente delicatezza

quanti tra noi sono chiamati a seguire più da vicino il Signore Gesù,

che per noi ha dato sé stesso. Amen”. (Omelia 26.121993).






http://www.vangelodelgiorno.org/www/main.php?language=IT&localTime=12/28/2008#

venerdì 2 gennaio 2009

IL VATICANO CONTRO MARIA LA MADRE DI GESU'

CENTRO ANTI-BLASFEMIA

DA UN PO' DI TEMPO IL VATICANO STA CERCANDO DI DISTRUGGERE LA FIGURA DELLA MADRE DI GESU'
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Vediamo che per distruggere la figura di Maria il Vaticanon usa i mezzi più idonei nel mondo attuale;
i media e particolarmente films e opere teatrali, i libri non li legge nessuno.

Ultimamente il Vaticano patrocinia il Musical " Maria di Nazaret una storia che continua " di M.Pia Liotta (1)

Al Centro Anti-Blasfemia abbiamo scritto verso Agosto di questo Musical " Maria di Nazaret un storia che continua "
sulla Madonna che era stato presentato in Vaticano ed il Vaticano lo aveva sostenuto, noi siamo diventati tristi,

perché i Musical dissacrano i Santi, li fanno cantare e quindi apparire degli imbecilli senza nessuna santità.
Ancora non eravamo a conoscenza del peggio, ecco che dei nostri membri Daniele Ascarelli e Martino Gerber,
sono stati a Roma recentemente per visitare dei loro amici e per incontrare degli studiosi biblisti americani che si
trovano a Roma, per casualità si sono trovati alla casa di Maria teatro tenda presso cinecittà, dove fanno
questo Musical, e quindi hanno visto questo spettacolo blasfemo, non potevano crederci, e perfino volevano
andare fuori a non vedere, ecco che una cantante ballerina calabrese Alma Manara figlia della M.P.Liotta
la regista e inventrice di queste bestemmie, interpreta Maria la Madre di Gesù, danzava, volteggiava, faceva salti accrobatici,
era anche sostenuta in aria con una mano,
poi cadeva sul corpo del ballerino che interpretava Giuseppe e mimava, un rapporto sessuale, ora questi balletti
scandalizzano quando sono fatti su persone normali, sono troppo osceni, figuriamoci se rappresentano Maria e Giusppe.
Ancora potrei continuare con la danza, ma è meglio raccontere il resto, in questo Musical Maria non ha nessuna grazia,
nessuna santità, è volgare, civetta, disinibita, fa la fornaia, una donna matura che lavora, grezza e popolana,
incontra gente e anche uomini, uomini che ne vogliono aprofittare, ecco che c'è un uomo che sta con lei,
perfino nella sua stanza da letto, la invoglia a fare sesso, lei ha desideri , vorrebbe,ma poi si trattiene.
Questo losco individuo è Barabba. Lasciamo il racconto che contiene altre bestemmie, un Gesù troppo
umano soggetto a sua Madre più del dovuto e tante altre cose.
Vogliamo spiegare un punto fondamentale, nei Vangeli ufficiali ed apocrifi, Maria quando incontra l'Arcangelo Gabriele,
è ancora Bambina, ben protetta e custodita, piena di virtù, il Signore è con lei, quindi è una bimba
diversa da
tutte le altre, perché piena di Santità, ora nei Vangeli ufficiali, Maria sebbene sia promessa a Giuseppe,
lo conoce solo di vista, così era uso allora con i matrimoni combinati. Dichiara in Luca " Non conosco uomo"
Ora devi sapere che Giuseppe avvertito in sogno che Maria è gravida per opera dello Spirito Santo, crede
sì ma conosce anche l'innocenza di Maria. Se invece Maria fosse la donna di mondo del Musical,
Giuseppe non l'avtrebbe creduta sincera, e avrebbe pensato che il bimbo fosse figlio di Barabba trafficante d'armi,
o altro losco individuo, i massoni cercano di ufficializzare che Gesù è nato da un soldato romano
come è scritto nel Talmud e Toledot Yeshua.
Con questi Musical e i films blasfemi voglio lavare il cervello ai cattolici.

Daniele e Martino sono di origine ebraica e biblisti, conoscono bene la storia d'Israele, e sanno che Barabba
era un brigante assassino, liberato in cambio di Gesù, ed aveva la sua età, un giovanotto, che mai
avrebbe potuto conoscere Maria bambina chiusa e protetta in casa, protetta anche dal Signore.

Come inventano storie così cattive per distruggere i Vangeli, Gesù e Maria ?

Comunque se il Musical fosse fatto da atei, pazienza, ne fanno tanti di opere blafeme.
Ma questo Musical è patrocinato dalle più alte cariche Vaticane, che vogliono diffonderlo,
anche in tutte le chiese. La prima si è svolta il Vaticano con grande successo,
poi con aiuti dall'alto queti commedianti bestemmiatori hanno ottenuto spazio a Cinecittà,
restano in questo teatro tenda fino a Maggio, poi vanno in tourné,
ora per sembrare vei cattolici fanno anche la mensa ai poveri, un vero complotto contro la Madonna.
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NON E' LA PRIMA VOLTA DEL VATICANO CONTRO LA VERA FIGURA DI MARIA CHE LA CHIESA HA CUSTODITO PER 2000 ANNI.

ECCO IL NATALE 2006 IL VATICANO APPOGGIAVA IL FILM NATIVITY DI C.HARDWIKE (1)

La chiesa cattolica da una parte si appoggia sui dogmi mariani, ma ultimamente li sta distruggendo approvando certi film blasfemi.
Il film Nativity, sostenuto dalla Chiesa Cattolica e Vaticano, ci mostra una Maria che fa un parto moderno, suo marito estrae il bambino Gesù che sta per nascere,
insanguinandosi le mani. Maria sente forti dolori, quindi questo spettacolo blasfemo del parto annulla la verginità post-partu.
Nel film ci sono altre falsità, come quella in cui gli abitanti di Nazaret criticano Maria e Giuseppe, perché lei è in attesa prima di vivere insieme,
invece dai Vangeli sappiamo che di questo mistero nessuno sapeva nulla, tranne Maria e i suoi famigiari e Giuseppe suo fidanzato.
In una scena Maria cade nel fiume, c'è un serpente, roba da matti, quando dai Vangeli sappiamo che Maria era protetta dall'Altissimo.
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Nello stesso anno 2006 il Vaticano dona l'autorizzzione pr la miniserie di Canale5 : " LA SACRA FAMIGLIA" (3)

La Sacra Famiglia. Il film per la tv è stato diretto da Raffaele Mertes ed interpretato da Alessandro Gassman nella parte di Giuseppe,
da Ana Caterina Morariu in quella di Maria, da Brando Pacitto in quella di Gesù bambino e da Franco Nero in quello di Zaccaria, padre di Giovanni il Battista.

La miniserie; " La Sacra Famiglia"di raffaele Mertes, di Canale 5, approvata dal Vaticano, fa vedere una famiglia perversa.

Maria, donna libera, scappa per convivere con un uomo, Giuseppe che è agnostico e crede che Gesù è figlio di un soldato romano.

Giacomo figlio di Giuseppe, vuole Maria, non riuscendosi con le buone,cerca di violentarla,con molta violenza,sbattendola tante

volte contro una parete ,questo Giacomo nel film così maniaco e perverso, sarebbe il S.Giacomo il Giusto,

fratello del Signore, morto martire, e Santo davvero, da una vita piena di preghiere e da una grande castità, morendo vergine.

Nella miniserie, Giuseppe e Maria si amano e fanno l'amore. Gesù non si capisce cosa sia,

da bambino sta per annegare nel fiume, poi ancora bambino amoreggia con la sua fidanzatina, Maria Maddalena.

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L'APPROVAZIONE DEL VATICANO PER QUESTE OPERE BLASFEME

(1) I testi del Musical " MARIA DI NAZARET UNA STORIA CHE CONTINUA ";
sono stati visionati ed accettati dal mariologo Padre Stefano De Fiores e don Antonio Tarzia direttore responsabile del gruppo periodici San Paolo.
Il Musical è patrocinato dal Vaticano; con sostenitori entusiasti e patricinatori: il Segretario di Stato Vaticano Tarcisio Bertone, i Pontifici Consigli delle Comunicazioni sociali e della Cultura
e il presidente del Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali, Claudio Maria Gelli. Qindi le autorità Vaticane approvano la dissacrazione della S.S. V.Maria.
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(2) FILM NATIVITY
CITTA’ DEL VATICANO, venerdì, 17 novembre 2006 (ZENIT.org).- Domenica 26 novembre avrà luogo in Vaticano la presentazione mondiale del film “The Nativity Story”.

Tra le settemila persone che assisteranno alla proiezione nell’Aula Paolo VI ci saranno la regista del film, Catherine Hardwicke, gli attori Shohreh Aghdashloo e Oscar Isaac, i produttori Marty Bowen e Wyck Godfrey e lo sceneggiatore Mike Rich.

La proiezione del film, prodotto dalla New Line Cinema, sarà preceduta dalla lettura di un brano del Vangelo e da una preghiera scritta da monsignor Angelo Comastri, Vicario generale del Papa per lo Stato della Città del Vaticano e Arciprete della Basilica di San Pietro in Vaticano.

L’Arcivescovo John P. Foley, Presidente del Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali, pronuncerà un discorso di presentazione.

L’evento servirà per raccogliere fondi per la costruzione di una scuola nella città israeliana di Mughar – la cui popolazione è formata da cristiani, musulmani e drusi –, a 40 chilometri da Nazareth.

“The Nativity Story” racconta dell’anno di vita di Maria culminato con la nascita di Gesù, della visita dei pastori e dei Magi, della stage degli innocenti da parte di Erode e della fuga di Giuseppe e Maria con il Bambino in Egitto.

Secondo Peter Malone, critico cinematografico di Signis, la World Catholic Association for Comunication, la pellicola è interessante sia per i cristiani che per i non cristiani.

“La sceneggiatura è ben radicata nei testi biblici, sia nell’eredità dell’Antico Testamento che nel testo e nello spirito delle narrazioni evangeliche dell’infanzia”, ha affermato.

“Questo dà al film un vantaggio sulle narrazioni che limitano la prospettiva a una lettura letterale dei testi e si basano su tradizioni di pietà per la presentazione visiva”, ha osservato.

“E’ stato anche notato che la sceneggiatura offre un importante background storico per comprendere la Palestina dell’epoca e come i personaggi siano stati influenzati dal loro ambiente e dall’oppressione delle autorità”, ha spiegato Malone.

“Il successo de ‘La Passione di Cristo’ e il fatto di aver compreso che esiste un pubblico per questo tipo di film religiosi è stato un incoraggiamento”, ha quindi osservato il critico.

“Il film interesserà il pubblico cristiano, che dovrebbe apprezzarlo – con la speranza che lo apprezzeranno anche i non cristiani”, ha concluso Malone.

La pellicola verrà presentata in numerosi Paesi il 1° dicembre.


http://www.zenit.org/article-9872?l=italian

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(3) MINISERIE LASACRA FAMILIA
«Una scelta 'coraggiosa, ai limiti del temerario', dice ancora Barbieri, se è vero che - come spiega la produttrice Lorraine de Selle du Real – la famiglia reale giordana ha chiesto una lettera ufficiale di autorizzazione al Vaticano: non volevano essere il primo Paese musulmano a fare un film anticristiano, tanto più perché siamo arrivati laggiù subito dopo il polverone sollevato dalle vignette su Maometto'.
Quella lettera, firmata da monsignor John Patrick Foley, presidente del Pontificio consiglio delle comunicazioni sociali, è arrivata, e la produttrice ne mostra una copia, da cui legge testualmente: 'Il fatto che la storia si basi principalmente sui Vangeli apocrifi non sembra motivo di preoccupazione, visto che anche The Passion di Mel Gibson si rifaceva ai Vangeli apocrifi. (Mel Gibson si è basato per il suo film non sui Vangeli apocrifi, bensi' sui 4 Vangeli e sulle rivelazioni della Beata Caterina Emmerich n.d.e.)
Il Consiglio ha preso visione del copione e la lettura non ha evidenziato elementi offensivi verso il sentimento religioso cristiano'. Parole che rafforzano la serenità di De Rita, che si è avvalso anche di consulenti cattolici: 'Abbiamo cercato di toccare il sacro facendo noi stessi un percorso di fede', dice l'autore, che ha anche curato la sceneggiatura con Luigi Spagnol e Maria Grazia Saccà.
'La fonte sono sostanzialmente i Vangeli apocrifi, in particolare quelli dell'infanzia di Gesù.
Poco è inventato, e comunque è nato dall'approfondimento di quelle testimonianze.
L'interrogativo di partenza è stato: come si comportano un padre e una madre davanti a un figlio che è Dio? Resta una domanda vera, anche se forse abbiamo sbagliato le risposte'.
'Speriamo che su di noi non si abbattano i fulmini', scherza il regista Mertes» (a firma di Ester Barcella).

http://www.effedieffe.com/interventizeta.php?id=1630¶metro=


http://groups.google.com/group/centro-anti-blasfemia?hl=it

giovedì 1 gennaio 2009

MARIA SS.MA MADRE DI DIO


01 Gennaio
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MARIA SS.MA MADRE DI DIO

(Solennità)



Madre di Dio (in greco Θεοτόκος; in latino Deipara o Dei genetrix) è un titolo che è stato dato a Maria nel 431 dal Concilio di Efeso attraverso la proclamazione di un dogma ed è una conseguenza della dottrina cristologica affermata dal concilio. Secondo il concilio Gesù Cristo, pur essendo sia Dio che uomo - come già diceva in precedenza il concilio di Nicea (325) -, è un'unica persona. Le due nature, divina e umana, sono inseparabili e perciò Maria può essere legittimamente chiamata Madre di Dio. La solennità di Maria s.ma Madre di Dio è la prima festa mariana comparsa nella Chiesa occidentale.

Il venerabile Paolo VI, volle, a partire dal 1967, che il 1° gennaio diventasse anche la Giornata Mondiale della Pace ; in questa occasione il Sommo Pontefice invia ai Capi delle Nazioni un messaggio che invita alla riflessione sul tema della Pace.



Dall’omelia del Santo Padre Benedetto XVI - Basilica Vaticana, 1° gennaio 2008 :



Cari fratelli e sorelle!

Iniziamo quest’oggi un nuovo anno e ci prende per mano la speranza cristiana; lo iniziamo invocando su di esso la benedizione divina ed implorando, per intercessione di Maria, Madre di Dio, il dono della pace: per le nostre famiglie, per le nostre città, per il mondo intero...

Nella prima Lettura, tratta dal Libro dei Numeri, abbiamo ascoltato l’invocazione: "Il Signore ti conceda pace" (6,26); il Signore doni pace a ciascuno di voi, alle vostre famiglie, al mondo intero. Tutti aspiriamo a vivere nella pace, ma la pace vera, quella annunciata dagli angeli nella notte di Natale, non è semplice conquista dell’uomo o frutto di accordi politici; è innanzitutto dono divino da implorare costantemente e, allo stesso tempo, impegno da portare avanti con pazienza restando sempre docili ai comandi del Signore...

Il nostro pensiero si volge ora naturalmente alla Madonna, che oggi invochiamo come Madre di Dio. Fu il Papa Paolo VI a trasferire al primo gennaio la festa della Divina Maternità di Maria, che un tempo cadeva l’11 di ottobre. Prima infatti della riforma liturgica seguita al Concilio Vaticano II, nel primo giorno dell’anno si celebrava la memoria della circoncisione di Gesù nell’ottavo giorno dopo la sua nascita - come segno della sottomissione alla legge, il suo inserimento ufficiale nel popolo eletto - e la domenica seguente si celebrava la festa del nome di Gesù. Di queste ricorrenze scorgiamo qualche traccia nella pagina evangelica che è stata poco fa proclamata, in cui san Luca riferisce che otto giorni dopo la nascita il Bambino venne circonciso e gli fu posto il nome di Gesù, "come era stato chiamato dall’angelo prima di essere concepito nel grembo della madre" (Lc 2,21). Quella odierna pertanto, oltre che essere una quanto mai significativa festa mariana, conserva pure un contenuto fortemente cristologico, perché, potremmo dire, prima della Madre, riguarda proprio il Figlio, Gesù vero Dio e vero Uomo.

Al mistero della divina maternità di Maria, la Theotokos, fa riferimento l’apostolo Paolo nella Lettera ai Galati. "Quando venne la pienezza del tempo, - egli scrive - Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge" (4,4). In poche parole troviamo sintetizzati il mistero dell’incarnazione del Verbo eterno e la divina maternità di Maria: il grande privilegio della Vergine sta proprio nell’essere Madre del Figlio che è Dio. A otto giorni dal Natale trova pertanto la sua più logica e giusta collocazione questa festa mariana. Infatti, nella notte di Betlemme, quando "diede alla luce il suo figlio primogenito" (Lc 2,7), si compirono le profezie concernenti il Messia. "Una Vergine concepirà e partorirà un figlio", aveva preannunciato Isaia (7,14); "ecco concepirai nel seno e partorirai un figlio", disse a Maria l’angelo Gabriele (Lc 1,31); e ancora un angelo del Signore - narra l’evangelista Matteo -, apparendo in sogno a Giuseppe, lo rassicurò dicendogli: "non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quello che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio"(Mt 1,20-21).

Il titolo di Madre di Dio è il fondamento di tutti gli altri titoli con cui la Madonna è stata venerata e continua ad essere invocata di generazione in generazione, in Oriente e in Occidente. Al mistero della sua divina maternità fanno riferimento tanti inni e tante preghiere della tradizione cristiana, come ad esempio un’antifona mariana del tempo natalizio, l’Alma Redemptoris mater con la quale così preghiamo: "Tu quae genuisti, natura mirante, tuum sanctum Genitorem, Virgo prius ac posterius – Tu, nello stupore di tutto il creato, hai generato il tuo Creatore, Madre sempre vergine".

Cari fratelli e sorelle, contempliamo quest’oggi Maria, madre sempre vergine del Figlio unigenito del Padre; impariamo da Lei ad accogliere il Bambino che per noi è nato a Betlemme. Se nel Bimbo nato da Lei riconosciamo il Figlio eterno di Dio e lo accogliamo come il nostro unico Salvatore, possiamo essere detti e lo siamo realmente figli di Dio: figli nel Figlio. Scrive l’Apostolo: "Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l’adozione a figli" (Gal 4,4).

L’evangelista Luca ripete più volte che la Madonna meditava silenziosa su questi eventi straordinari nei quali Iddio l’aveva coinvolta. Lo abbiamo ascoltato anche nel breve brano evangelico che quest’oggi la liturgia ci ripropone. "Maria serbava queste cose meditandole nel suo cuore" (Lc 2,19). Il verbo greco usato "sumbállousa" letteralmente significa "mettere insieme" e fa pensare a un mistero grande da scoprire poco a poco. Il Bambino che vagisce nella mangiatoia, pur apparentemente simile a tutti i bimbi del mondo, è al tempo stesso del tutto differente: è il Figlio di Dio, è Dio, vero Dio e vero uomo. Questo mistero – l’incarnazione del Verbo e la divina maternità di Maria – è grande e certamente non facile da comprendere con la sola umana intelligenza.



...Cari fratelli e sorelle, solo conservando nel cuore, mettendo cioè insieme e trovando un’unità di tutto ciò che viviamo, possiamo addentrarci, seguendo Maria, nel mistero di un Dio che per amore si è fatto uomo e ci chiama a seguirlo sulla strada dell’amore; amore da tradurre ogni giorno in un generoso servizio ai fratelli. Possa il nuovo anno, che oggi fiduciosi iniziamo, essere un tempo nel quale avanzare in quella conoscenza del cuore, che è la sapienza dei santi. Preghiamo perché, come abbiamo ascoltato nella prima Lettura, il Signore "faccia brillare il suo volto" su di noi, ci "sia propizio" (cfr Nm 6,24-27), e ci benedica. Possiamo esserne certi: se non ci stanchiamo di ricercare il suo volto, se non cediamo alla tentazione dello scoraggiamento e del dubbio, se pur fra le tante difficoltà che incontriamo restiamo sempre ancorati a Lui, sperimenteremo la potenza del suo amore e della sua misericordia. Il fragile Bambino che la Vergine quest’oggi mostra al mondo, ci renda operatori di pace, testimoni di Lui, Principe della pace. Amen!



© Copyright 2008 - Libreria Editrice Vaticana



FELICE ANNO 2009 A TUTTI !!!




http://www.vangelodelgiorno.org/www/main.php?language=IT&localTime=01/01/2009#